#STEP11 (La pandemia e gli strumenti per combatterla)
Il nuovo coronavirus emerso in Cina è un patogeno che aggredisce il sistema respiratorio, e per i pazienti con le complicazioni più serie, circa il 10 percento del totale, è richiesto il ricovero in terapia intensiva per l'assistenza con la ventilazione artificiale. I posti letto dedicati a questo tipo di trattamento sono naturalmente limitati, a causa dei macchinari e degli specialisti necessari per eseguirlo, e poiché il patogeno è particolarmente contagioso c'è il rischio di saturare rapidamente i delicati reparti degli ospedali.
Vorrei parlarvi e sottolineare l'importanza di un macchinario in particolare, utilizzato nei casi in cui la malattia si manifesta in maniera più acuta, e consiste in un casco che aiuta la respirazione.
Si tratta dunque di “caschi respiratori”, che permettono appunto di fornire ventilazione artificiale a un paziente con difficoltà respiratorie. Ne esistono numerosi modelli prodotti da diverse aziende (italiane comprese), ma hanno più o meno tutti un aspetto che ricorda quello di un elmo da palombaro, con i vari tubi che portano ossigeno ed espellono anidride carbonica. Sono dispositivi portatili, sufficientemente comodi e leggeri, che hanno un costo abbastanza ridotto per un dispositivo medico. Diversi studi clinici ne hanno dimostrato l'efficacia nel trattare varie condizioni che determinano l'insufficienza respiratoria, dunque i caschi CPAP, questo è il loro acronimo, sono dispositivi versatili e potenzialmente molto utili per far fronte all'emergenza coronavirus. Sono ormai mesi che l’attenzione del mondo è catalizzata e concentrata sulla pandemia scatenata dal virus Covid-19. È indubbio che nessuno si sarebbe aspettato che un Virus potesse avere un impatto così forte sulla nostra società. Siamo stati sconvolti dalle immagini dei camion che trasportavano i feretri di Bergamo e abbiamo riposto tutta la nostra fiducia in una soluzione scientifica e tecnologica che garantisse la nostra sopravvivenza. La paura ha fortemente segnato questo periodo di crisi forse perché, sebbene fiduciosi, abbiamo avuto la percezione che la scienza non è onnipotente e che il nostro destino incide nella nostra vita molto più pesantemente di quanto pensassimo.

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